Il Carnevale frigentino

di Riccardo Cipriano (7 anni) 
Per questo articolo sul carnevale ho deciso di intervistare mia nonna Rosa.
Riccardo: Nonna, come ricordi il carnevale della tua infanzia? In che modo vi travestivate?
Nonna: Io personalmente, da bambina, non ho mai partecipato ad una mascarata, però ricordo bene cosa facevano gli altri, piccoli ma soprattutto adulti. Allora non si andava in giro a comprare vestiti ma ci si arrangiava con quello che si aveva in casa. Così ci si travestiva: gli uomini si vestivano da donna e viceversa, cercando di rendersi irriconoscibili.
Riccardo: Come si festeggiava, e dove?
Nonna: Una volta travestiti, si andava a bussare alle porte dei vicini e degli amici dicendo: “carnovale, carnovalicchio, ramme ‘no picca re sauzicchio, si non me ne vuoi rà, che te pozzano ‘nfracetà!”. Li facevano entrare in casa dove recitavano qualche scenetta che faceva ridere. Agli adulti si dava qualcosa da mangiare e bicchieri di vino e poi naturalmente altre cose da portare via nell’ immancabile panaro: principalmente uova e salami. A quei tempi molti ammazzavano il maiale in casa e, quindi, si sapeva anche dove andare a bussare. Anche i bambini improvvisavano scenette e pure il loro panaro si riempiva di uova, salami e qualche dolcetto, ma poca roba perché allora in casa non c’era quasi niente. Con i salami le persone erano piuttosto avare, in quanto erano riserve che dovevano durare un anno, mentre di uova se ne ricevevano tante: le galline le avevano quasi tutti.
Riccardo: C’erano dei piatti tipici?
Nonna: Alla fine della mascarata ci si divideva la roba oppure si restava insieme a mangiarla. Così venivano fuori mega frittate con salsiccia e peperoni cruschi, oppure la classica pizza carnevalesca delle nostre zone: la pizza chiena. Era, ed è tutt’ora, una pizza rustica fatta di ricotta, uova, formaggio e salsiccia e resta il piatto classico di Carnevale per le nostre zone.
Riccardo: E poi, nella tua giovinezza, cosa è cambiato nel Carnevale?
Nonna: Negli anni ’70, a Frigento con la Pro loco, ci furono vere e proprie sfilate con carri allegorici e costumi. Ogni anno il Carnevale aveva un tema ma ognuno si travestiva e si divertiva come meglio credeva. Un anno, ad esempio, il tema era “le nazioni europee” e quindi sfilavano coppie con i costumi tipici del Paese. Nel 1976 ricordo che il tema era “I balli caratteristici del nostro territorio”. Ogni contrada di Frigento, nel costume tradizionale, preparava un ballo. A questo partecipai anche io per la nostra contrada, Pagliara, e il nostro ballo fu la quadriglia. Negli anni successivi la sfilata era a tema libero ma, dopo il terremoto del 1980, nessuno più pensò al divertimento in piazza, per un bel po’ di tempo.
Riccardo: Mi racconti qualcosa delle tradizioni sul cibo? E’ vero che si faceva il digiuno?
Nonna: Anticamente (ma molto lontano nel tempo) il giorno dopo il Carnevale, le Ceneri, cominciava il digiuno. Nella giornata delle Ceneri il digiuno consisteva nel mangiare, un paio di volte, pane o taralli inzuppati nel vino. Per quaranta giorni non si mangiava carne, ma questo succedeva, ripeto, in tempi lontani; però io ricordo che così facevano i miei nonni. Col tempo, ci si limitava ad astenersi dalla carne il mercoledì e il venerdì, cosa che io faccio ancora adesso.
Riccardo: Grazie nonna, per il digiuno sono piccolo: la pizza chiena però la assaggio volentieri.

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