di Francesco Di Sibio
Esistono regole per non sbagliare nella vita? Se le conoscete, fatemelo sapere.
Non è che mi sia accanito più di tanto nella ricerca di tre/quattro istruzioni utili per evitare fallimenti, ma questa domanda mi è tornata più volte alla mente mentre approfondivo la biografia del frigentino Marciano De Leo. Il Canonico ha profuso molto del suo ingegno per seguire le proprie passioni e per mettere in pratica quanto gli veniva chiesto dalle alte autorità del suo tempo, il vescovo e il re. Del re, in particolare, aveva quasi una venerazione, lo immaginava collocato sul trono dalla volontà divina. Da quando era nato, nel 1751, aveva vissuto sempre sotto l’autorità dei Borbone, altro non aveva conosciuto e altro non conoscerà fino alla rivoluzione napoletana del 1799. Da quel momento inizierà un’alternanza al potere da perdere la bussola. Si poteva tirare fuori dalla mischia e aspettare il ritorno degli amati Borbone, che arriverà più volte, sia dopo l’effimera Repubblica giacobina sia dopo il periodo napoleonico, ma a un certo momento trovò dei punti di contatto culturali con il governo di Gioacchino Murat, cognato di Napoleone. Assunse l’incarico di sovrintendere la redazione di una Statistica per tutta la Provincia Ulteriore, l’attuale Provincia di Avellino. Per alcuni mesi se ne occupò anche per la Provincia Citeriore, l’attuale Provincia di Salerno.
Al successivo e per nulla scontato ritorno dei Borbone dopo il congresso di Vienna fu tacciato di essere un voltagabbana, una banderuola disposta a ruotare nella direzione imposta dal vento. Non si considerava la necessità di non far languire il suo genio in anni di inutili conflitti o rivendicazioni. Non si voleva vedere l’utilità dei suoi lavori. Si sottolineavano solo le sue mancanze o presunte tali. Si sottraeva dal tutto quello che faceva comodo, scoprendo le fragilità e addirittura esasperandole, fino a prostrarlo in una tale costernazione dovuta allo spietato trascorrere del tempo e alle svariate detrazioni di fiducia messe in pratica con puerili sotterfugi. Qualcuno la considerò pazzia, altri l’esaurirsi della forza di volontà.
A cosa valsero, dunque, tutti gli impegni, gli allori, i riconoscimenti ricevuti? A cosa servirono gli anni di umile servizio pastorale e di predicazione, o i tanti incarichi pubblici spesi per il bene dei sudditi?
Da queste domande è nato il mio romanzo La grammatica della sottrazione, un tentativo di far tornare alla luce la figura del Canonico Marciano De Leo, esporre le sue certezze e i suoi dubbi, con la consapevolezza che, rapportati ai nostri giorni, se ne possano trarre suggestioni interessanti. Le fonti storiche cui ho attinto sono state plurime, ma devo molto allo studio dei lavori editoriali del binomio Vito Giovanniello-Salvatore Forgione, nonché del pregevole lavoro di Michele Sisto.
Questo romanzo è la terza e ultima produzione di un vero e proprio progetto incentrato sulla figura di Marciano De Leo. Nel dicembre 2019 Angelo Sateriale metteva in scena il mio monologo Spirito e sapienza. Il canonico Marciano De Leo. Tutto è partito da lì. Nell’ottobre 2020, invece, è stata pubblicata Irpini per sempre (Edizioni della Sera), un’antologia di voci irpine. Al suo interno c’era il racconto Autobiografia di un ritratto. È lo stesso Marciano De Leo, ritratto in un dipinto immaginario sul muro di casa sua, a raccontare la propria storia.
La grammatica della sottrazione sarà presentato a Frigento sabato 18 giugno alle ore 10 presso l’Auditorium comunale.