DI ZAHIRA FRANCESCA CALÒ
La prima volta che ho visto il pavone a Frigento ero molto piccola, era la primavera del 2014.
Si aggirava davanti la piazzetta antistante la Cattedrale mentre beccava le briciole di pane che qualcuno gli aveva lanciato per nutrirlo.
Solo in un secondo momento scoprimmo essere una pavoncella.
Le persone che abitano nella zona l’adottarono, dandole il nome Priscilla. Era arrivata chissà da dove, forse scappando da qualche voliera e aveva scelto di venire in questo posto, dormendo al riparo di un tetto spiovente della chiesa e mangiando quello che trovava in giro o che qualcuno le dava.
Tutti i giorni uscivo a fare la passeggiata con la mia mamma in cerca di Priscilla, seguendo le sue tracce, alla ricerca di qualche piuma caduta, che io puntualmente, raccoglievo e conservavo come ricordo. Quando provavo ad avvicinarmi, correva veloce emettendo un verso strano che sembrava quasi una trombetta.
Poi un giorno alcune persone di via San Giovanni, la strada dove io vivo, decisero di comprare un pavone maschio, per farle compagnia.
Quest’ultimo aveva delle bellissime piume verdi e blu iridescente, e quando voleva corteggiare la femmina faceva una bellissima ruota terminante con i caratteristici “occhi” .
Io gli diedi il nome Alfonso, perché nel cartone animato della Pimpa, che io guardavo sempre, c’era un pavone proprio con questo nome.
Dopo la loro morte, alcuni cittadini, affezionati alla presenza dei pavoni, hanno deciso di comprare un’altra coppia.
La bellissima coppia di volatili, oggi, è diventata un’ attrattiva del paese e le persone vengono a fotografare la “ruota” variopinta e a raccogliere qualche piuma colorata come portafortuna. Io invece disegno sempre i pavoni nei quadri che faccio, perché sono parte di questo luogo.
Mi piacerebbe tanto vedere i pavoni anche sui Limiti, così come vivono liberamente sull’Isola Bella del Lago Maggiore, anche se lì sono tutti bianchi.
Ma da alcune persone qua intorno non sono ben visti, in quanto sporcano e beccano rovinando i germogli teneri delle piante.
I Romani chiamavano il pavone “Uccello di Giunone” che accompagnava nell’aldilà le anime delle imperatrici, e, come già nella tradizione persiana, simboleggiava la regalità, la bellezza e l’immortalità.
Il pavone esprime significati molto profondi, concetti complessi usati in tutte le culture dell’umanità. Quest’uccello è simbolo della rinascita e della trasformazione in positivo di qualsiasi situazione negativa, poiché questi meravigliosi animali si cibano dei giovani cobra e dei serpenti velenosi, riuscendo ad ingerire i veleni senza risentrine.
È il simbolo della fragilità, mutevolezza, e della bellezza, ma anche della resurrezione e vita eterna.