di Maria Celeste Salerno
La legge 2000 n. 211 istituisce il “Giorno della Memoria”, il 27 gennaio, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. Si è scelta proprio questa data perché il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata rossa buttarono giù i cancelli di ingresso al campo di sterminio nazista di Auschwitz, in Polonia.
Ogni anno questa data viene commemorata organizzando eventi, incontri per narrare quanto accaduto affinché tutti conoscano e non dimentichino: la storia è maestra di vita!
Parliamo di Shoah o di Olocausto, cosa significano questi due termini ?
Il termine Olocausto indica il genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista e i loro alleati, dello sterminio di tutte le categorie di persone ritenute dai nazisti “indesiderabili” o “inferiori” per motivi politici o razziali, tra cui gli ebrei d’Europa, gli omosessuali e i disabili.
Tra il 1933 e il 1945, furono circa 15-17 milioni le vittime dell’Olocausto, di entrambi i sessi e di tutte le età, tra cui 4-6 milioni di ebrei.
La parola “Olocausto” deriva dal greco holòkaustos, e significa “bruciato interamente”, stando ad indicare la pratica dei Nazisti di bruciare vive le vittime così da non lasciarne alcuna traccia e poter ricavare da essi qualsiasi cosa si potesse ricavare: capelli, denti d’oro, occhiali, vestiti, scarpe, persino la pelle veniva riutilizzata creando del sapone.
Nello specifico però l’Olocausto, in quanto genocidio degli ebrei, è identificato più correttamente con il termine Shoah (in ebraico “catastrofe, distruzione“).
I Nazisti per risolvere il “problema ebraico” avevano costretto già da tempo gli ebrei a vivere in isolamento o ad emigrare, in ghetti, delimitati da mura, con la proibizione di uscirvi e costretti ad un duro lavoro al servizio dei tedeschi, razioni alimentari tanto scarse, affollamento ed igiene così precari da produrvi vere e proprie morti di massa. Ma nel 1940 gli ebrei erano troppi perciò si passa ad una strategia più offensiva, ovvero i campi di concentramento.
Cos’è un campo di concentramento?
I campi di concentramento – anche chiamati campi di sterminio o di deportazione – erano luoghi in cui le persone venivano incarcerate. Dotati delle strutture necessarie per uccidere sistematicamente i prigionieri dopo averli ridotti in condizione di morte di stenti, per il lavoro forzato.
Citando Primo Levi (Se questo è un uomo):
“Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore …Ripetetele ai vostri figli. ”